Articoli e riflessioni

Il Codice Deontologico Degli Psicologi commentato - parte III

In questa terza e ultima parte della serie di articoli dedicata al codice deontologico, ci occuperemo delle norme che regolano i rapporti dello psicologo con i colleghi e con la società.

Capo III – Rapporti con i colleghi

Articolo 33 I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche. (Il principio di colleganza è fondato sulla comunione dei principi e sui valori che definiscono l’identità dello psicologo. Questa norma richiama il principio etico della difesa e del sostegno della professionalità. L’appartenenza a una categoria professionale, infatti, se fa un lato definisce la stessa identità sociale dell’individuo, dall’altro lato può far sì che il mutuo sostegno e l’aiuto reciproco poggino/si fondino sull’appartenenza a un gruppo come fatto in sé, anziché sulla condivisione di un preciso impegno e responsabilità sociale assunti col ruolo professionale. Virtualmente ogni categoria professionale è, nel suo insieme, fautrice di un progetto di mondo nel quale trovano ordine anche i valori riconosciuti socialmente e culturalmente che tale progetto realizza. L’art 3 sottolinea il primato del senso del dovere insito nell’azione professionale rispetto a quello dell’interesse legittimo e ciò in funzione del primato dell’etica sociale nell’ambito della professione. Il presente articolo, quindi, sulla base dell’art 3 ribadisce che l’azione professionale del singolo, anche quando ispirata da esigenze di competizione di mercato, non deve pregiudicare i vincoli solidaristici che debbono invece trovare conferma nella comune collaborazione. L’art 33 comporta il dovere etico di sostegno solidale tra colleghi anche nei casi in cui è compromessa l’attività professionale del singolo attraverso la perdita dell’autonomia o della possibilità di adempiere al proprio dovere. Le categorie professionali assumono potere e forza contrattuale, riconoscimento e visibilità sociale che facilmente espongono al rischio di veder prevalere interessi di parte, interessi che indeboliscono la capacità di tenere vivi i principi e i valori per cui si lavora. Deve esistere tra i colleghi psicologi la consapevolezza di un bene, di un valore sovrastante quello di ciascuno preso singolarmente: è il bene della professione, intesa come qualcosa che è “al servizio delle persone”, e non uno strumento per l’affermazione narcisistica ed egocentrica del singolo psicologo.)

Articolo 34 Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale. (l’impegno che qui si chiede allo psicologo è visto nell’ottica dei rapporti di colleganza. Il presente articolo condanna un certo tipo di “egoismo” intellettuale, che rischia di produrre, fra l’altro, l’avvento di teorie stravaganti e prive di qualsiasi fondamento scientifico, che proprio perché tali sono sottratte al vaglio della comunità scientifica.)

Articolo 35 Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi. (questa norma richiama il principio etico del rispetto e della valorizzazione del lavoro dei colleghi, attraverso il riferirsi ad esso e riconoscerlo ufficialmente in quanto fonte importante ai fini dei propri studi. È un preciso richiamo agli psicologi ricercatori ad essere espliciti e precisi nel trascrivere i riferimenti al lavoro di altri autori, quando non si tratti di ricerche di teorie originali dello stesso ricercatore. In ambito psicologico, diversamente da quanto avviene in medicina e in altre discipline “supportate” da dati oggettivi nella misurazione e nella verifica sperimentale, è più alto il rischio di cedere alla vaghezza o alla imprecisione. Anche gli stessi risultati della ricerca, proprio perché la disciplina psicologica nella pratica è sostanzialmente più di natura qualitativa che quantitativa, possono essere sottratti al rigore delle procedure scientifiche della ricerca e della verifica delle ipotesi. Il rigore, l’onestà sono requisiti fondamentali allo psicologo per dare solidità e serietà ai suoi studi.)

Articolo 36 Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente. (il presente articolo contiene due precetti, entrambi concernenti i rapporti di colleganza. Il primo si fonda sull’obbligo, solidaristico, di rispettare la persona, forse meglio dire la personalità del collega, evitando di esprimete nei suoi confronti opinioni comunque lesive del suo decoro e della sua reputazione professionale. La colpa deontologica è considerata più grave se i giudizi negativi di cui sopra sono finalizzati a sottrarre al collega cui sono diretti la sua clientela. Il secondo precetto contenuto nell’articolo costituisce come obbligo deontologico il dare tempestivamente comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente dei casi di cui si venga a conoscenza, e che riguardino situazioni di condotta professionale scorretta che rechi pregiudizio all’utente, o che comunque leda il decoro della professione. La norma in questione va invece letta nell’ottica di scoraggiare un comportamento che potrebbe apparire “omertoso”, se si ritenesse che in tutti i casi il dovere di non criticare pubblicamente i colleghi dovesse condurre a soprassedere a qualsiasi valutazione negativa del loro comportamento. Non si tratta di delazione, né di diffamazione ma solo rispetto per il cliente, che in posizione asimmetrica e sfavorevole nella relazione con lo psicologo, può non trovare il coraggio di denunciare all’ordine situazioni per lui lesive. Tale norma pone in prevalenza sull’obbligo solidaristico di cui al primo comma il dovere di tutelare gli interessi della clientela e del corpo professionale nel suo insieme considerato.)

Articolo 37 Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze. Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista. (Tale norma attiene alla responsabilità di accettare impegni professionali sono entro tali limiti, assumendo il compito difficilissimo di farsi giudice di se stesso, della propria eventuale inadeguatezza rispetto ad un compito e della necessità di proporre l’intervento di un collega o di un altro professionista. Lo scopo della norma è da un lato quello di tutelare l’utenza rispetto al rischio di non ricevere prestazioni professionali adeguate ai propri bisogni ed alle proprie necessità; dall’altro lato quello di tutelare l’immagine della professione rispetto al rischio di scadere, nella pubblica considerazione, in relazione all’offerta di prestazioni professionali inadeguate. Scopo della norma è anche, infine, quello di tutelare i professionisti in relazione all’indebita sottrazione di lavoro da parte di concorrenti sleali in aree di loro specifica competenza.)

Articolo 38 Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale. (Viene ribadito l’obbligo deontologico di osservare nella propria condotta i principi del decoro e della dignità professionale. Lo psicologo nell’esercizio della professione non deve avere contegno sconveniente e che crei scandalo, dando così un immagine negativa della professione. Le partecipazioni ad eventi pubblici quali tavole rotonde, congressi, eventi televisivi e radiofonici devono essere impostate ad un comportamento dignitoso e scientifico. Il sostenere pubblicamente posizioni contrarie all’autonomia e all’indipendenza della professione, o che contrastino i principi generali del codice deontologico è grave mancanza sanzionabile.)

Capo IV – Rapporti con la società

Articolo 39 Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

Articolo 40 Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica.

Capo V – Norme di attuazione

Articolo 41 È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l'”Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Articolo 42 Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Articolo tratto da : Il nuovo codice deontologico degli psicologi. Commentato articolo per articolo con decisioni ordinistiche e giurisprudenza ordinaria, di Guglielmo Gulotta, Eugenio Calvi, Elena Leardini – Giuffrè Editore (2018)

 

G.Massimo Barrale - Psicologo Psicoterapeuta - Palermo

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