Articoli e riflessioni

Parla, mia paura – Simona Vinci - Recensione del libro

“E’ cominciata con la paura. Paura delle automobili. Paura dei treni. Paura delle luci troppo forti. Dei luoghi troppo affollati., di quelli troppo vuoti, di quelli troppo chiusi, di quelli troppo aperti. Paura dei cinema, dei supermercati, delle poste, delle banche. Paura degli sconosciuti, paura dello sguardo degli altri, di ogni altro, paura del contatto fisico, delle telefonate. Paura di corde, lacci, cinture, scale, pozzi, coltelli. Paura di stare con gli altri e paura di stare da sola.”

Inizia così il libro autobiografico “Parla, mia paura” di Simona Vinci, all’improvviso, quasi come un attacco di panico. Con il suo linguaggio diretto l’autrice sin dalle prime pagine ci fa entrare all’interno del suo dolore e del suo disagio di stare al mondo. Ci racconta della sua depressione, del suo panico, del suo sentirsi sola, del suo corpo con il quale non è a suo agio. Ci parla dei percorsi che ha fatto per ricominciare a vivere (uno con una psicoanalista, l’altro, contemporaneamente, con un chirurgo plastico), ci riporta alla sua adolescenza, alla sua gravidanza, alla sua maternità, fino ad arrivare all’evento che, forse, è la causa dello scatenarsi del suo malessere.

In una società dove la depressione e altre forme di disagio psicologico, se non tutte, sono un tabù, in cui mostrarsi fragili e vulnerabili è vissuto con vergogna, in cui la maternità deve per forza essere sinonimo di felicità e gioia e mai di stanchezza e malessere, Simona Vinci mettendosi a nudo prova ad offrire ad altri “la possibilità, se non di immedesimarsi, almeno di cogliere un riflesso di sé nelle mie parola”.

L’autrice dichiara la propria riconoscenza ad un solo farmaco, appunto la parola: “è grazie alle parole, quelle che ho letto, quelle che ho scritto, quelle che ho ascoltato e quelle che ho pronunciato, se sono ancora viva”.

Un romanzo che merita di essere letto perché privo di qualsiasi tipo di vena consolatoria, scritto con sguardo severo, incapace di ipocrisia, un romanzo in cui la parola diventa sia condivisione (“ogni vicenda umana è, in qualche modo, di chiunque voglia condividerla”), sia mezzo attraverso il quale affidandoci ad essa, scavando e mettendoci a nudo, facciamo chiarezza impedendoci di precipitare.

 

G.Massimo Barrale - Psicologo Psicoterapeuta - Palermo

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