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La transizione alla genitorialità è caratterizzata da un sensibile aumento della vulnerabilità psicologica. Nel periodo perinatale, in particolare, i tassi di incidenza dei disturbi affettivi, sia nelle madri che nei padri, aumentano di due o tre volte rispetto alla media della popolazione generale.
Durante la gravidanza e l’infanzia della prole un compito fondamentale del padre è garantire le condizioni perché la relazione tra madre e bambino si sviluppi e si mantenga in modo adeguato. Questo compito viene assolto in primo luogo occupandosi dei problemi di ordine pratico.
Un’altra funzione maschile di grande importanza, solo recentemente oggetto di ricerche, è quella di proteggere la propria compagna nei periodi in cui è maggiormente esposta a condizioni di potenziale pericolo e a problemi fisici e emotivi. Questi momenti cruciali, nel ciclo di vitale di una famiglia, sono fondamentalmente due: il primo è quello relativo alla gravidanza e ai primi mesi dopo il parto, il secondo coincide con l’adolescenza e l’emancipazione dei figli.

Nel periodo perinatale quindi,un padre troppo preoccupato, ansioso o depresso può rappresentare uno svantaggio per l’equilibrio emozionale della compagna e una minaccia per il buon andamento della relazione tra madre e bambino.
Fino ad poco tempo fa ci si era focalizzati soltanto sul rischio di depressione post partum per la madre, dimenticando però che la gravidanza è un periodo di profonde metamorfosi in cui si possono verificare due depressioni, quella materna ma anche quella paterna, dal momento in cui non nasce solo un figlio, ma anche una madre e un padre.

Fino al secolo scorso il padre come oggetto di studio è stato trascurato. I motivi possono essere legati alla scarsa disponibilità dei padri a partecipare alle ricerche (perché riluttanti a rivelare i propri problemi emotivi), alla minore incidenza e alla diversa espressione della depressione nel maschio, alla propensione dei medici a sottostimare questa patologia (ritenendo la gravidanza e il parto problematiche che coinvolgono solo le donne).
Recentemente, però, l’interesse scientifico per questo argomento è aumentato e le ricerche hanno evidenziato che anche i padri possono soffrire di disturbi affettivi relativi al periodo della gravidanza e alla nascita del bambino, con una incidenza del 10% circa, minore comunque dell’incidenza della depressione post-partum materna.
Il termine Depressione Perinatale Paterna indica la manifestazione nel padre di una sintomatologia depressiva nel periodo che va dall’inizio della gravidanza al primo anno dopo il parto. Rispetto alla depressione post-partum materna la sua espressione clinica è differente, la sintomatologia depressiva è più lieve e i disturbi tendono ad essere meno definiti e sono caratterizzati da vaghi vissuti di tensione, di tristezza, di sconforto e, nei casi più gravi, da stati di impotenza, di disperazione e di malinconia. I disturbi depressivi descritti più frequentemente sono l’umore depresso, l’irrequietezza, l’irritabilità, la preoccupazione costante riguardo l’andamento della gravidanza e la salute del bambino, la perdita di interessi, le difficoltà di concentrazione e di rendimento sul lavoro, l’isolamento sociale, l’aumento o la diminuzione dell’appetito, il calo del desiderio sessuale e l’insonnia. Nel padre le alterazioni dell’umore (pianto, tristezza, senso di incapacità e di impotenza) tendono ad essere più contenute e a presentarsi assieme con altri disturbi affettivi, somatici e comportamentali che tendono a sovrapporsi alla sintomatologia depressiva, oppure a mascherarla. Tra questi in particolare: i disturbi d’ansia (attacchi di panico, fobie, disturbi d’ansia generalizzati, disturbi ossessivo - compulsivi) che sembrano manifestarsi nei giovani padri ancora più frequentemente di quelli depressivi; le lamentele somatiche (disturbi di somatizzazione, sindromi mediche funzionali, preoccupazioni ipocondriache); gli agiti comportamentali (crisi di rabbia, condotte violente, attività fisica o sessuale compulsiva, fughe nel lavoro o con gli amici, suicidio); l’abuso di sostanze (fumo, alcool, psicofarmaci, droghe) e altri disturbi di dipendenza (come quelli da gioco d’azzardo o da internet). In questi casi si manifestano frequentemente disturbi relazionali di coppia, con litigi, conflitti e relazioni extraconiugali (il periodo perinatale è quello in cui gli uomini tradiscono più frequentemente le loro compagne).

Nei casi in cui il padre presenti una sofferenza significativa è necessario rivolgersi ad uno psicoterapeuta per un aiuto psicoterapico individuale (che consenta di ridurre la sintomatologia depressiva e ansiosa, la preoccupazione ipocondriaca e le difficoltà relazionali), di coppia o di famiglia.

 

G.Massimo Barrale - Psicologo Psicoterapeuta - Palermo

Pubblicato in Blog
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